Se 90.000 vi sembran pochi

CULTURA

In Inghilterra la Camera dei Comuni ha bocciato un provvedimento per accogliere tremila bambini e minori orfani provenienti dalla Siria. Si trovano già in Europa e la maggior parte in Francia. Non è mancata una giustificazione umanitaria: “Così facendo si incoraggerebbero le famiglie a inviare i figli da soli, esponendoli ai rischi del viaggio e si alimenterebbe il commercio degli scafisti”.  Ora pare che il premier Cameron stia rivedendo la sua posizione.

Diversi mesi fa ci fu una proposta ad accogliere 20.000 bambini siriani per toglierli dalla guerra. Venne rifiutata. Un numero enorme si diceva in quel dibattito radiofonico.

Nel 1945 -1952 nell’Italia devastata dalla guerra e alle prese con una faticosa ricostruzione, la miseria estrema creava ulteriore sofferenza soprattutto per i bambini del Sud. Con l’organizzazione dell’Unione Donne Italiane e una campagna di comunicazione semplice ed efficace, basata su incontri in ogni luogo e paese di alcune regioni del Centro Nord, ci fu una accoglienza straordinaria di bambini. Una macchina organizzativa imponente e tanti i comitati locali e le singole donne, che riuscirono, tra mille difficoltà, a portare bambini spauriti, laceri, denutriti del Meridione in un contesto di riscatto e dignità.

90.000 bambini furono affidati dalle famiglie meridionali a famiglie dell’Emilia Romagna (il maggior numero), delle Marche, della Toscana, della Liguria. Il dopoguerra era difficile ovunque  e le famiglie accoglienti non erano ricche. “Eravamo poveri anche noi, ma mettere un altro piatto a tavola si poteva”. Una grande operazione di fiducia che, sulla scia degli ideali della Resistenza, cercava di far ripartire l’Italia dando priorità alla solidarietà.

Su questo capitolo straordinario di storia è nato un film di Alessandro Piva; si intitola Pasta nera e presenta questa storia con immagini d’epoca, testimonianze e interviste di grande semplicità e naturalezza rilasciate da coloro che vissero quell’avventura. I bambini di allora (oggi nonni e vecchi) rivedono le immagini di un tempo e raccontano una vicenda viva e presente nella loro memoria. “Abbiamo dato – dicono le famiglie che hanno accolto  – ma abbiamo ricevuto tanto”.

Molti dei bambini erano della Capitanata.

Pasta nera: era questo il colore della pasta conosciuta da questi bambini ottenuta dalla farina di grano arso, che le famiglie povere spigolavano nelle campagne del Tavoliere anche dopo che le stoppie erano state bruciate. Il film ebbe grande risonanza al festival del cinema di Venezia nel 2011 ed è stato proiettato l’anno dopo a Manfredonia, nell’Auditorium, alla presenza del regista; nel dibattito le assistenti sociali hanno sottolineato il procedimento originale di affido familiare. C’erano tutti gli elementi rispettosi dei bisogni dei bambini, della loro cultura, del loro vissuto, e non è mancato il rapporto originale con la famiglia di origine, dove poi sono rientrati. Il fatto che a distanza di tempo i protagonisti ne parlino con grande serenità dice quanto importante sia stata questa operazione di solidarietà, di coesione sociale, di spirito unitario.

Novantamila bambini! E oggi si ha paura di 20.000 bambini o anche di 3.000! Se si fosse perseguita questa via? Accogliere, con canali umanitari creati per questo scopo, i bambini siriani per allontanarli dalle zone di guerra? Forse le famiglie non sarebbero emigrate in modo così massiccio; famiglie che dichiarano che hanno preso la decisione di partire e quindi di affrontare i tremendi rischi del viaggio proprio per i figli. Proteggerli dai bombardamenti, dalla paura, dalle immagini della violenza diffusa.

 

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