Ogni città ha un suo particolare odore. E può non essere gradevole.

CULTURA

E’ a partire dal Settecento che la vista ha relegato gli altri sensi, in particolare udito e olfatto, in secondo piano. La vista assicura oggettività e fruizione della bellezza, mentre olfatto e udito  possono far percepire senza filtro aspetti sgradevoli dell’esperienza urbana. Eppure sono questi i sensi più personali che ci fanno apprezzare un luogo, suscitano un ricordo, fanno affiorare abitudini e tradizioni. Oggi gli odori di un luogo sono divenuti uno strumento per sedurre e attirare.

Per le strade un tempo si sentiva l’odore dei mercati rionali, dei cibi che si stavano cuocendo, del pesce arrostito all’aperto nelle case a piano terra. C’è un sonetto di Giuseppe Gioacchino Belli, il grande descrittore della plebe romana dell’Ottocento, che narra un litigio tra due donne: la prima si lamenta del fumo e dell’odore che è costretta a sentire di carne arrostita, la seconda  invece spavaldamente vuole far sapere a tutti che cosa sta cucinando: “Nun me seccate e annateve a ffà squarta./Ciammancherebbe…. C’adesso pe ddà ggusto a la signora / nun ze potessi fà mmanco l’arrosto!“.  Gianni Rodari, in una sua poesia, dà un odore ai vari mestieri: c’è chi sa di terra, di farina, di noce moscata, di vernice… Solo i fannulloni non sanno di nulla e stranamente “puzzano un po”.

Le stagioni si distinguono per la diversità degli odori: Lucio Dalla parlava dell’odore del mare e delle alghe nel porto, in autunno. La primavera a Siponto profuma di pini ed eucalipti, il grano mietuto e le stoppie del Tavoliere,  l’origano e il rosmarino appena fuori città… La mattina presto si può sentire ovunque l’odore di pane fresco, cornetti, pizze appena sfornate. L’odore di dolci in particolari momenti dell’anno (Carnevale e Natale) ci ricorda le festività più che il calendario.

Per molti a Manfredonia l’estate è l’odore della salsedine nei pressi del castello, vicino alla spiaggia; forse deriva  dalle cabine di legno impregnate di acqua e umidità marina. Ma ci sono gli odori artificiali: quello delle creme di protezione è così eccessivo e invadente che sulle spiagge riempie tutta l’aria e copre l’odore delle alghe e del mare.

Dalla fine del Novecento in poi l’esperienza urbana e la città moderna è sterilizzata e senza odori. La mania dell’aria condizionata porta a chiudere imposte e finestre che garantiscono l’impermeabilità a suoni e odori.

Ah l’odore, l’odore di Firenze, ogni città ha un suo particolare odore” – “Ed è un odore gradevole?” -chiese Lucy. “Non si viene in Italia in cerca di cose gradevoli, si viene in cerca della vita” (E. M. Forster, Camera con vista).

C’è un odore delle città? Un odore di Manfredonia, di Monte S. Angelo, Foggia,  Bari?… Ogni città d’Italia ha il suo profumo, si dice. Nella città contemporanea segnata da una ricerca di visibilità e competizione, si è alla scoperta di luoghi tipici con odori, fragranze, essenze da valorizzare. Per la sua capacità di attirare i ricordi, l’odore può costituire un elemento prezioso nelle strategie di città, che  cercano un brand, per cui l’immagine di un luogo, memorizzata e conservata nella memoria individuale, offra emozioni  e renda più personale  il rapporto con la città.

Il museo dell’Hermitage di San Pietroburgo ha permesso nel 2005 un esperimento di fruizione multisensoriale di un’opera d’arte. Una esperta italiana di profumi (Laura Tonatto) ha organizzato una mostra ispirata dal desiderio di restituire al senso dell’olfatto il suo ruolo importante. La scelta dell’opera: Il Suonatore di liuto di Caravaggio, che  suona “Voi sapete ch’io vi amo”; le note sono accompagnate dalle fragranze provenienti dai fiori (iris, camomilla, gelsomino, vari tipi di rose…) e da frutti mediterranei (fico, pera, prugna). Spartito, fiori e frutta sono ben visibili nel quadro. Di fronte all’immagine del dipinto, sono posti nove contenitori cilindrici con sei essenze floreali e tre di frutta, e si ascolta la musica. All’aroma di sintesi è stato dato il nome di Caravaggio.

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