La Pasqua bassa porta sventure… né più e né meno delle pasque alte.

CULTURA

La Pasqua bassa è quella che cade in marzo e che secondo le credenze contadine di un tempo porta sventura. Non è cristiano crederlo o dirlo. Ma a Caterina e a Peppino la Pasqua bassa del ‘43 ha portato via il figlio Pinuccio. Sbandato dopo l’armistizio dell’otto settembre, viene falciato dai tedeschi a pochi Km dal mare e da casa sua, nel basso Tavoliere. E’ il padre a trovarlo dopo aver ascoltato un soldato italiano in fuga che raccontava di suoi commilitoni, che erano scappati con lui e di cui aveva perso le tracce (uno era di quelle parti). Lo vede “riverso con le mani incrociate sul ventre come a tenersi lo stomaco. Il viso affondato nella terra”. Lo riconosce e rimane “impietrito come i sassi che erano il letto di suo figlio”. Si corica anche lui sui sassi, “come quando accoglieva il figlio bambino nel suo letto”. Spera che un soldato spari anche a lui. Ha voglia di buio, gli dà fastidio il sole che entra ed esce dalle nuvole. Cerca di pensare, di ordinare il vuoto che ha in testa.

Una pietà michelangiolesca con il padre invece della madre. E lui al figlio parla, pensa alle lettere che avrebbe desiderato scrivergli. Fargli sapere tutte le cose che non gli aveva detto. In tre anni solo quattro lettere. Né lui né il figlio sapevano leggere o scrivere. “Il silenzio lega un padre al figlio più delle parole… I padri non parlano mai ai figli, le mamme parlano… loro danno voce anche al padre”. Così era nel mondo contadino. Un mondo fatto di gesti, di sguardi, di attese, di silenzio appunto.

Pinuccio è ora steso nella stanza da letto. Tutto vestito di nero, con la cravatta nera e la camicia bianca dal collo floscio. Il vestito è quello che suo padre aveva indossato per il matrimonio.

Dio non sa che cosa significa perdere un figlio, nel fiore degli anni. Sì, dice a se stesso Peppino, lo so che anche lui lo ha perso, ma suo figlio è risorto. Pinuccio non risorgerà, è una favola per i poveri la resurrezione della carne e la vita eterna…”.  “La Pasqua bassa” è un romanzo di Antonio Del Giudice di alcuni anni fa.

Nemmeno Maria, la madre di Gesù, pensa alla vita eterna quando vede il figlio sulla Croce. Maria sotto la Croce è stata raccontata infinite volte nel cinema, nella letteratura ed è una delle scene più drammatiche del “Mistero Buffo” di Dario Fo.

Arriva, trafelata, grida, si dispera. Il figlio le chiede di andare via, per lui è straziante vederla. “Non cacciarmi via, Gesù! Voglio morire, Gesù!… Voglio morire… Soffocatemi e seppellitemi in una tomba, sola abbracciata a mio figlio!  Voglio morire anch’io…” Poi vede Gabriele, l’angelo dell’annunciazione: “Gabriele, Gabriele… torna ad allargare le ali… Torna indietro al tuo bel cielo gioioso… tu non hai niente a che fare, qui… in questa lercia terra… in questo tormentato mondo. Vattene Gabriele, che non ti si sporchino le ali colorate di gentili colori… non vedi fango e sangue e letame… Vattene che non ti si spacchino le orecchie tanto delicate con ‘sto gridare disperato… Vattene che non si consumino  gli occhi luminosi  a rimirare piaghe  e croste… bubboni  e mosche  e vermi… Tu non sei abituato, Gabriele. Nel Paradiso non ci sono né rumori, pianti, né guerre, né prigioni, né uomini impiccati, né donne violentate. Non c’è fame, né carestia, né bambini senza sorrisi, né madri stravolte dal dolore… Vattene Gabriele…”.

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