Arriva il Commissario straordinario per l’immigrazione. Con ritardo, ma arriva.

SOCIALE

Il Tavoliere ‘terra di nessuno’ è il fallimento della politica. “Forse l’unica possibilità di un governo dell’immigrazione è quella di un commissariamento. Una task force che elabori una mappa del fenomeno e stabilisca con gli altri Enti e comunità un percorso ragionevole e pragmatico: verifica di quanto si è fatto (e speso) finora, la ricognizione delle risorse disponibili, il ruolo dei datori di lavoro”. Questo scrivevo quasi due anni fa. Su questo tema sono tornato più volte, secondo alcuni troppe volte. I primi campi di accoglienza, proposte di soluzione, percorsi formativi, furono opera dell’Associazione Interetnica Migrantes (AIM), già dalla fine degli anni Ottanta. Da quella lunga esperienza, dalla conoscenza diretta dei luoghi, dall’impegno come assessore è nata nel marzo del 2016 una ‘modesta proposta’ inviata a esponenti della politica e non solo (è stata condivisa solo dal vescovo di Manfredonia e dagli organi di stampa). Un approccio pragmatico e graduale. Dove non ci sono da una parte i buoni e dall’altra i cattivi. E dove a volte si confrontano due ragioni.

Un percorso che affronti in modo integrato e/o parallelo le questioni: i bambini, la scuola, l’accesso ai servizi sociali e sanitari, la legalità e il lavoro, il caporalato, la lingua italiana… Ed anche la questione alloggiativa e del trasporto sul luogo di lavoro.

L’immigrazione quando non si conosce e non è governata alimenta le paure; diffidenza e timori nascono quando non ci si comprende (e ci sono persone che vivono qui da anni e non conoscono l’italiano). Per affrontare queste questioni è nata la Casa dei Diritti. Una ex scuola trasformata, con fondi europei, per essere sportello, monitoraggio, luogo di formazione alla legalità, sostegno all’emarginazione e povertà (non solo degli stranieri); e poi il Camper, donato dal Ministero degli Interni per controllare il fenomeno nelle campagne. Questi due strumenti sono rimasti chiusi, inutilizzati, mentre intorno cresce intolleranza e risentimento.

Per l’area del Comune di Manfredonia arriva il Commissario straordinario. La prefettura e il Comune non sono riusciti né a coordinare e né valorizzare le risorse e i mezzi a disposizione, e niente è stato fatto per dare un minimo di qualità all’accoglienza, che spesso ha dato e dà l’impressione (non solo in Capitanata) di essere solo un affare molto conveniente.

Dopo lo sgombero del ‘gran ghetto’ e quello dei Bulgari si è nell’impasse. L’apparenza è salva, il bubbone è eliminato, ma restano i ghetti dispersi, le pesanti condizioni igieniche e sanitarie, i minori che non vanno a scuola.

Tre giorni fa (23 agosto) ho visto centinaia di immigrati impegnati a raccogliere pomodori e a piantare ortaggi per l’autunno, ho visto l’ex ghetto dei bulgari sgomberato, ma non bonificato: tutto il materiale “pericoloso” è disperso per un raggio di decine di metri, e parecchi immigrati che rovistavano e prendevano ciò che poteva servire per sistemarsi altrove; ed ho visto in agro di Manfredonia due ghetti fatiscenti e quattro piccole forme di insediamento in case abbandonate. Ora vi è l’interrogazione alla Regione per inviare le ruspe e cancellare anche i casolari abbandonati. Terra bruciata, insomma. Ma non siamo in guerra! Si vuole che diventino invisibili. E parliamo anche di cittadini dell’Unione europea.

Il problema dell’immigrazione in Capitanata è stato, da quando è nato, pensato solo in termini di ordine pubblico, affrontato dalle forze politiche con una rozzezza inammaginabile.

Ci sono punti da cui partire. Le scuole innanzitutto. Quelle di Borgo Mezzanone, Tressanti, Zapponeta funzionano bene. Molti bambini che abitano nei casolari le frequentano. I Centri interculturali e gli sportelli per gli immigrati sono fondamentali. C’è un progetto: un piano infanzia e famiglie per portare aiuto e sostegno (igienico, sanitario, istruzione) ai minori e agli adulti (lingua italiana) nei casolari delle campagne. E chissà che, intorno alle case cantoniere, ai villaggi dell’Ente di Riforma non nascano nuove forme di insediamento che diano un aspetto diverso a un territorio condannato all’abbandono! Chissà… forse fra 20 anni il paesaggio sarà diverso.

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