Orietta la “pasionaria” e Mattarella il “traditore”. La nuova società tribale e la vecchia TV.

CULTURA

In un articolo di qualche settimana fa a proposito del Luc “Peppino Impastato” si parlava dell’esperienza della controinformazione e delle radio libere. Quella di Radio Gargano Democratica di Manfredonia – Monte S. Angelo fu breve e intensa (come scrive nella sua tesi Mario Valente). Prima di partire con le trasmissioni si discusse molto e si fecero estenuanti prove di trasmissione. Eravamo insoddisfatti dei risultati: era facile dire come non volevamo la radio, difficile invece costruire un modello alternativo. Volevamo cambiare il linguaggio: dare la parola, aiutare le persone a conquistare autonomia, a pensare. La radio trasmetteva da Monte S. Angelo, ma il gruppo promotore si riuniva in uno scantinato ampio e umido di Monticchio a Manfredonia. Era formato da venti – trenta persone per lo più giovani (ma molti altri sostenevano l’iniziativa); tutti  esprimevano umori, sentimenti, idee…  e poi si trovava una “sintesi politica”. I motivi di discussione erano tanti: gli articoli del bollettino, il teatro politico, la produzione di volantini, dibattiti (eravamo a metà anni Settanta)…

La discussione più difficile che sembrò bloccare la prosecuzione di quell’esperienza riguardò Orietta Berti, molti non volevano la trasmissione delle sue canzoni per la visione edulcorata del popolo e della cultura popolare. Oggi la cantante è chiamata in TV ad  esprimersi sul PD e 5 stelle…e a  commentare (insieme a Mauro Corona) l’intervento del segretario Martina. Lo hanno fatto entrambi semplificando, banalizzando, riducendo la complessità politica allo scontro popolo – casta, quelli che stanno in basso e quelli in alto, parlando di sé e del popolo soggiogato e inascoltato.

Erano i giorni dell’impeachment e dell’accusa di alto tradimento a Mattarella. Si parla dei social, ma credo che la vecchia TV generalista abbia ancora un grande potere. Nella discussione tra media e democrazia si pensa che la televisione eserciti la sua influenza nei format che parlano esclusivamente di politica. Non è così. Si esercita un influsso più efficace nei talk show, nelle trasmissioni di intrattenimento, dove l’uso della parola non serve a favorire la mediazione o a costruire uno spazio comune e dialogico, ma a “rinsaldare” i propri sostenitori e fans.

L’accusa a Mattarella è giunta improvvisa, e mentre nel Nord c’è stata indifferenza (anzi sono giunti a Salvini avvertimenti a non toccare l’Euro), nel Sud un eco travolgente e sorprendente. “E’ una dittatura. Io sono schifata” “Andiamo a Roma a protestare il 2 giugno” “A Roma e poi pure a Bruxelles”Questi sono i poteri forti”. Voci e parole, tante, irripetibili, ascoltate nei bar e nei capannelli di Corso Manfredi. Infine gli sms, “il mio voto conta”. Un fiume in piena. Soprattutto donne.

Poche ore e poi “contrordine compagni”. Stupiscono non tanto i cambiamenti repentini del leader, quanto le ondate di quelli che corrono dietro e poi fanno dietrofront. Negli anni settanta Mcluhan scriveva che il tempo della democrazia come la conosciamo è finito, e il voto in una cabina elettorale “non avrà alcun senso nella società del futuro“. I leader hanno molto del capo tribale, un uomo che governa attraverso l’interazione simultanea di tutti i membri di una comunità, sollecitando la partecipazione di massa e facendo vivere al popolo l’esperienza di essere direttamente e intimamente coinvolto (Minuz). Non deve stupire il riferimento alla società tribale, già Clinton ebbe a dire che la democrazia consiste nel gettare ponti tra le varie tribù per costruire un sogno comune.

L’analisi del voto del 4 marzo non è semplice e la crisi della rappresentanza è più profonda di quanto si pensi e riguarda i contenuti, il linguaggio, il venir meno delle mediazioni, il coinvolgimento comunitario, il bisogno di protagonismo…

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