La mafia non c’è più. C’è solo Energas.

SOCIALE

Dopo il primo impatto, più emotivo e curioso che realmente preoccupato e critico, la mafia è scomparsa dal discorso pubblico e privato.

In questi giorni vi è una temporanea attenzione provocata dall’incandidabilità di alcuni amministratori, ma la scena è tutta dominata dal grande deposito Gpl di Energas. L’inopportuno tentativo di Rotice, De Girolamo… di riaprire la discussione ha sortito un effetto strano. Sotto sotto affiora l’opinione che in fin dei conti i poteri forti hanno approfittato dello scioglimento per mafia per dettare le loro regole.

Credo che da questa situazione non si esce. E se Energas facesse un passo indietro? Si può proporre un investimento del genere in un territorio ostile?

Io non ho votato al Referendum e l’ho a suo tempo scritto e motivato. E come me molte altre persone. Nonostante l’unanimità di forze politiche, Chiesa, associazioni… ha partecipato al referendum consultivo sull’Energas il 52% della popolazione. Referendun che si è tenuto, mentre si svolgeva l’altro Referendum (quello costituzionale promosso dal governo Renzi). Una sovrapposizione discutibile e inopportuna, se non illegittima. “Peggio di una bomba atomica” sentenziavano alcuni nei pressi dei banchetti per la raccolta delle firme. “Un cristiano non può essere pro Energas” (questo titolo e altri analoghi uscirono allora sul quotidiano l’Attacco). Ora il vescovo sembra aprire la possibilità a un secondo referendum in relazione a nuovi fatti che possono essere maturati in questi tre anni.

Riprendere il discorso è difficile. In genere queste situazioni sono affrontate sotto tre aspetti. Il primo è quello del risarcimento alla comunità con interventi sul patrimonio paesaggistico, architettonico, sulla salute. Energas è intervenuta autonomamente con la squadra di calcio (pare con 500 mila euro…). Un intervento improvvido e maldestro che ha avuto un esito contro producente. Il risarcimento è importante e va discusso e contrattato con le popolazioni, perché può incidere sulla qualità della vita. Avrebbe potuto riguardare ad esempio la cura di tutto il verde pubblico (comprese le pinete) per i prossimi anni. Il secondo aspetto è un dibattito pubblico sui luoghi (porto), il movimento dei mezzi in mare e a terra, la sicurezza, i controlli. Infine verificare, oltre l’occupazione promessa, l’eventuale possibilità di altri insediamenti industriali: risparmio energetico per investimenti produttivi. Sono parole, lo so. Parole di un incompetente. Potrebbero valere con una classe dirigente credibile. L’Energas dei panettoni e del calcio non è affidabile, e tanto meno lo è la classe politica. Un secondo referendum non è solo un voto, ma riaprire un dibattito non più possibile.

Un ritiro di Energas?  Ricordo che anni fa ci fu la proposta di un recupero di Villa Rosa per creare una struttura residenziale per anziani e un centro diurno Alzheimer. Si prevedeva la nascita di una società tra un soggetto privato autorevole nel settore e la casa di riposo Anna Rizzi. C’erano tutte le garanzie. Eppure ci furono aspri attacchi sulla stampa, posizioni strumentali di soggetti locali che fecero altre proposte, poi dimostrate tutte prive di fondamento… L’imprenditore privato si ritirò: “Non è possibile compiere investimenti economicamente e socialmente rilevanti in una città ostile“.

La questione Energas è “esplosa” subito dopo le elezioni del 2015. Ma da quanto tempo era sul tappeto? Perché non se ne è parlato diffusamente durante la campagna elettorale? Chi sapeva? All’indomani del referendum una lettera – comunicato al patron di Energas (Dino Menale) dell’ex sindaco Riccardi (“Dino stappa un crodino”) parla di promesse e assicurazioni fatte da politici della città… L’ex sindaco si era recato diverse volte a Napoli nel primo mandato per incontrare i vertici di Energas… Il silenzio sull’Energas nel percorso delle amministrative del 2015 è una questione enorme di democrazia.

La rinuncia di Energas al mega deposito potrebbe rasserenare il clima e aprire, alla luce dei fallimenti e della decadenza della città, dell’esodo inarrestabile, un dibattito pubblico (vero e senza alibi) sullo sviluppo, il lavoro, la qualità della vita…

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