Le Foibe e il lungo esodo. Cura della memoria e ruolo della scuola e della ricerca storica.

CULTURA

La giornata del ricordo (10 febbraio) venne istituita nel 2004 per ricordare le violenze commesse dai partigiani di Tito su italiani e non solo, fascisti e non solo.

Una istituzione tardiva che continua a suscitare polemiche. Le foibe sono state taciute per decenni, per responsabilità dei comunisti? L’Italia però era saldamente nell’alleanza atlantica e al governo non c’erano i comunisti. Nessuno poteva impedire a giornali e riviste, alle case editrici, a giornalisti liberi e famosi di parlarne e scriverne. Un “oltraggioso silenzio e oblio” dice Claudio Magris. Tante le spiegazioni, “ma nessuna può giustificarlo, così come nessuna violenza compiuta su innocenti giustifica la ritorsione di violenze su altri innocenti”. Le foibe sono ricordate dalle singole comunità, da ricercatori, storici, cittadini che non hanno perduto la voglia di sapere e capire, e poi da gruppi di estrema destra che lo fanno “in modo sbagliato, regressivo, e oggettivamente profanatorio

Ci sono stati gli interventi di due presidenti della Repubblica (Napolitano e Mattarella) che hanno inserito quelle vicende nel quadro delle grandi tragedie del ‘900 e hanno prospettato il futuro di quei popoli nell’alveo dell’Unione europea. Mattarella il 13 luglio dello scorso anno ha ricordato, insieme al presidente sloveno Pahor, sostando a Basovizza davanti ai rispettivi monumenti, le vittime delle foibe e gli irredentisti sloveni fucilati dai fascisti. Quel giorno è stato restituito alla comunità slovena il Narodni dom (Casa del popolo) di Trieste, incendiato cento anni prima. “Il vero battesimo dello squadrismo organizzato” (De Felice). Quelle terre di confine sono attraversate dopo la “Grande Guerra” da conflitti atroci e da sperimentazioni politiche laceranti. Il fascismo ha grosse responsabilità, è intervenuto in modo aggressivo e ingiusto, senza conoscere la realtà composita di quelle genti, proibendo lingua e nomi sloveni, deportando… Molti finirono in campi di concentramento, tra cui quello di Manfredonia.

Le Foibe sono voragini naturali tipiche dell’Istria, dove i partigiani di Tito gettavano i cadaveri delle loro vittime. Si pretendeva di eliminare le tracce del crimine con la scomparsa dei corpi, una forma più rudimentale rispetto a quella tecnologica dei lager. E purtroppo una modalità usata dalla mafia (garganica) in forme primitive e barbariche. Le Foibe non furono solo la resa dei conti dopo la sconfitta del nazifascismo. Nella Slovenia i ritrovamenti anche recenti fanno crescere il numero delle vittime: fascisti, collaborazionisti, prigionieri di guerra, civili, soldati italiani, fino a oppositori del regime o nemici del popolo).

Legato alle foibe è il problema dell’esodo. Non ci fu pulizia etnica perché la popolazione di antica data si era mescolata con la slava, né deportazione… fu usato un atteggiamento più sottile e tremendo. Rendere difficile, invivibile la permanenza nel territorio. Nel II dopoguerra circa 400.000 persone attraversarono il confine con l’Italia e abbandonarono le loro case, i loro beni. Furono ospitate in campi profughi malamente attrezzati. Nei sentimenti dell’Italia postbellica non trovavano posto queste altre vittime. I profughi, dovunque si fermavano, erano malvisti e sopportati; e poi in silenzio, molti partivano per l’Australia.

Fu un dramma enorme. Foibe ed esodo sono diversi. Ma il contesto di violenze terribili è lo stesso. Stragi ci furono all’interno della stessa Resistenza. Ambiguità del PCI? Una situazione difficile per i comunisti: da un lato difesa dello Stato socialista jugoslavo, dall’altro consapevolezza di una netta collocazione dell’Italia nel fronte opposto.

Violenze terribili e un’opera di pacificazione difficile e non conclusa, se oggi ne parliamo ancora. Un ruolo importante di chiarificazione lo ha avuto la ricerca storica (istituto di storia della resistenza, Centri di documentazione, Università) che permette di ricordare tutte le memorie, contrapposte, e tutte con le proprie vittime, e che contribuisce a rimuovere l’uso politico di quei lutti e dolori. Si poteva fare di più, la scuola innanzitutto. Ma nella scuola per molti anni vigeva uno strano “principio di oggettività e verità”. Si negava la possibilità di studiare la storia contemporanea, perché vicina a noi e troppo carica di passioni. Eppure l’opera di pacificazione non può essere sempre postuma, dopo decenni, con nipoti e discendenti. Ci sono esperienze importanti in Rwanda, in Sudafrica… di un lavoro esteso e capillare di ricucitura, di superamento di lacerazioni e conflitti. Un lavoro faticoso con risultati spesso incerti ma che è utile conoscere e studiare.

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