“Mediterraneo. Frontiera di pace”. Sì, grazie. Ricordando La Pira, Manfredi, Serricchio.

CULTURA

Si apre domani (23 – 27 febbraio) a Firenze il Forum tra vescovi e sindaci di trenta paesi del Mediterraneo. “Unire le città per unire le nazioni”. Dove le diplomazie ufficiali non arrivano possono giungere iniziative dal basso.

Il Mediterraneo è la culla della civiltà? Le tre religioni monoteiste e le grandi culture sono nate sulle sponde di questo mare, che ha prodotto fecondi scambi culturali e guerre, migrazioni, sanguinosi contrasti. Conflitti, ancor oggi inestricabili (Israele e palestinesi, Libia, Libano, Balcani…). Persino nello scontro di queste ore tra Ucraina e Russia, sullo sfondo vi è il mar Nero – Mediterraneo.

Un incontro nel nome di Giorgio di La Pira, che da Sindaco di Firenze promosse i “colloqui mediterranei” e ricordava che il suo compito era accendere la luce nelle strade e contribuire alla pace. Promuovere il dialogo tra le culture e impegnarsi perché tutti i cittadini vivessero con dignità.

Un Forum in tempi difficili: comunità provate dalla pandemia, disuguaglianze, conflitti, degrado… Al centro il tema della cittadinanza: essere protagonisti vivi della città, elementi attivi della vita sociale e politica. Sono i cittadini – custodi quelli che possono prendersi cura e risanare le comunità e l’ambiente.

“L’Atlantico e il Pacifico sono i mari delle distanze, il Mediterraneo  è il mare della vicinanza, l’Adriatico è il mare dell’intimità”. Ma è anche il mare dove più solido si conserva l’odio. Nel Mediterraneo niente si dimentica, tutto si conserva nella memoria. In questo periodo argomenti di interesse erudito del passato (colonie di lingue ed etnie diverse, scoperte geografiche…) sono caricate di inattesa attualità.

Il Forum di Firenze ci riguarda. Due visioni ereditiamo da Manfredi: la struttura urbanistica e il rapporto con il mare, con il castello ai margini delle mura e in contatto con il porto. Manfredi non è stato un semplice continuatore della politica del padre, era pronto ad assumere un nuovo ruolo, quello di re di Sicilia, in rapporti di collaborazione con il Papa e disponibile a guardare al Mediterraneo.

Per questo nuovo ruolo la fondazione di Manfredonia assumeva un’importanza significativa. Era spinto dagli interessi della seconda moglie, Elena, che gli aveva portato in dote possedimenti sull’altra sponda, ma anche dal bisogno di trovare uno sbocco a un regno che, se pur concentrato nell’Italia meridionale, doveva aprirsi verso il Mediterraneo. “Manfredonia rappresentava il fiore all’occhiello della monarchia” e la città “avrebbe dovuto assumere, nei piani della corona, la leadership economica e politica della Capitanata”. Grazie a un nuovo dinamico porto “al tempo stesso emporio commerciale e nuova stazione di partenza dei rapporti del Regnum con la costa balcanica” (Enrico Pispisa).

Questo disegno non riuscì a svilupparsi con chiarezza. La Chiesa non concesse sconti: tra le colpe degli Svevi e di Manfredi c’era anche quella di conoscere la lingua araba, intrattenere buoni rapporti con sapienti arabi ed ebrei, ospitare una colonia saracena a Lucera…  Carlo D’Angiò fermò i lavori di costruzione della nuova città che gli ricordava l’odiato nemico, poi fu costretto e ricredersi sull’utilità del porto, che fino alle soglie dell’età moderna sviluppò fecondi rapporti commerciali e culturali con molteplici luoghi e città e fu il più grande emporio di grano del Mediterraneo.

C’è una grande attenzione oggi per la memoria e l’identità locale, spesso basata su elementi retorici e generici. Occorre coltivare la storia, la letteratura, la poesia. Cristanziano Serricchio esprime la consapevolezza di abitare una terra antica, che porta nel suolo e nelle rocce la storia dei popoli che si sono avvicendati. Una terra, che si affaccia nel mare Mediterraneo, dove tutti si riconoscono nomadi e migranti. “Uomo mediterraneo, mi dici, / affacciato a queste rive di sale / daunio-troiano, a scrutare il ritorno /di Ulisse, o per morire forse anch’io / in questo sporco mare di rovine”. Un mare di paura e di morte, dove il poeta incrocia “… relitti / di perenni naufragi alla deriva / chissà dove, al giuoco di correnti / o al vento di funerei canti / o nenie di donne in attesa / alla finestra di spiagge lontane”

In questi giorni il “Venerabile La Pira (cui è intitolato anche il circolo locale del Pd) è invocato come protettore dei sindaci! Lo propongono Alberto Mattioli e Giuliano Pisapia (ex sindaco di Milano). Per entrambi immagine di un sindaco che non si rassegna e capace di conciliare fede e laicità, realismo e speranza.  

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