“Il mio nome è Aaron Bushnell. Non sarò più complice del genocidio”

CULTURA

“Sto per intraprendere un atto di protesta estremo, ma rispetto a ciò che la gente ha vissuto in Palestina per mano dei loro colonizzatori non è affatto estremo. Questo è ciò che la classe dirigente ha deciso che sarà normale”.

Aaron, 25 anni, si cosparge di benzina e si dà fuoco davanti all’ambasciata israeliana a Washington. Sulla maglietta è scritto “Free Palestine” e queste parole sono le ultime da lui gridate.

Il ricordo va a Jan Palach, 20 anni, che il 16 gennaio del 1969 in piazza Venceslao a Praga si dà fuoco per protestare contro l’invasione sovietica. Il sogno suo e dei suoi amici è riprendere il cammino della primavera praghese, quando la città era “un immenso dibattito pubblico”. Un mese dopo un altro giovane, Jan Zjic, 19 anni, si uccide. “Non lo faccio perché stanco della vita, ma proprio perché l’apprezzo… né sono impazzito” In Occidente questi eventi provocano emozioni di breve durata. Ben altra considerazione hanno i monaci buddisti che in Vietnam si danno fuoco. Dal 1963 al 1966 sono una trentina. I giovani (comunisti, cattolici, libertari, figli dei fiori…) si riconoscono nella lotta antimperialista e il Vietnam coagula culture diverse in Europa e Usa.

Passa sotto silenzio anche il suicidio, il 19 settembre 1970, di Kostas Georgakis, 22 anni. Si dà fuoco per la libertà della Grecia in piazza Matteotti a Genova dove studia geologia. Sono gli anni della dittatura greca, Kostas scrive al padre: “Dopo tre anni non ce la faccio più…La nostra terra che ha partorito la democrazia… Se potete perdonatemi”. La giunta militare ritarda l’arrivo delle spoglie a Corfù per 4 mesi.

Aaron è in servizio attivo dell’aeronautica Usa. “Molti di noi amano chiedersi: cosa avrei fatto se  fossi stato vivo durante la schiavitù? O l’apartheid? Cosa farei se il mio paese commettesse un genocidio? La risposta è quello che stai facendo proprio adesso”. Il filosofo Eugenio Mazzarella: “E’ follia sentire con tanto disperato dolore personale il dolore degli altri?” E ricorda un altro aviere, Claude Eatherly, 26 anni, è il pilota dell’aereo con l’incarico di valutare la visibilità dell’obiettivo. Lui dà il via libera al lancio dell’ Atomica su Hiroshima, e il rimorso lo lacerò per tutta la vita.

“Immolarsi con il fuoco non deve considerarsi suicidio, ma un atto di compassione. Il tentativo di provare a cambiare una situazione di estrema sofferenza collettiva”. Così dicevano allora i buddisti. Nel mondo antico il suicidio era ritenuto una uscita di scena dignitosa, anche eroica, quando la vita costringeva a scelte umilianti e indecorose. Dante nell’Inferno entra in una selva orrida, un’aspra sterpaglia… ode lamenti, grida soffocate… spezza un ramo ed escono parole e sangue. Sono le anime dei suicidi. Non hanno diritto a un corpo, perché lo hanno rifiutato. Dante, però, pone a guardiano del Purgatorio proprio un suicida, un pagano per giunta, Catone l’Uticense. Sostenitore della libertà e legalità repubblicana, intransigente oppositore di ogni forma di prevaricazione e violenza. Si uccide con la fine della Repubblica. Un simbolo della libertà. E’ Virgilio che chiede a Catone, nel primo canto del Purgatorio, il permesso di far passare Dante: “Libertà va cercando, ch’è sì cara / come sa chi per lei vita rifiuta”.

Siamo disponibili a mostrare pietas sincera nel suicidio di chi è depresso o vive profonde sofferenze interiori, ma meno concepiamo la privazione della vita con determinazione razionale e disperata. Simone Veil, grande filosofa, a Londra, nel 1943, si lasciò “morire di fame” per un legame profondo con suoi connazionali in Francia, che soffrivano privazioni di ogni sorta. Aveva 34 anni. Per Aaron oltre all’indifferenza, alcuni hanno messo in dubbio la sua sanità mentale, nonostante gli amici abbiano segnalato la sua sensibilità verso i poveri, gli oppressi. Aaron ci dice che il funzionamento del mondo, di questo mondo, semina tanta infelicità e ci invita a porci domande su Gaza, sulle guerre, sulla fame e le diseguaglianze…

Forse potremo scoprire che il nostro mondo, l’Occidente, non è il migliore dei mondi possibile; ma potremo anche giungere a una risposta diversa rispetto al suicidio. Quella di Leopardi nel Dialogo di Plotino e Porfirio. Plotino cerca di dissuadere Porfirio dall’idea del suicidio. I due amici discutono appassionatamente, Plotino non trova argomentazioni convincenti… poi così conclude: “D’accordo sia ragionevole l’uccidersi, sia contro ragione vivere. Certamente è inumano non avere alcuna considerazione di amici, congiunti, familiari… non sentire in cuor nostro alcun dolore della sofferenza che provochiamo in essi. L’animo del sapiente non deve farsi vincere dalla pietà… ma questa fortezza d’animo si deve usare a sopportare gli accidenti tristi della vita, non abusarla in privarci spontaneamente della vista, del colloquio, della consuetudine dei nostri cari, dei compagni. E allora, Porfirio mio, confortiamoci insieme. Attendiamo a tenerci compagnia l’un altro; andiamoci incoraggiando, e dando mano e soccorso scambievolmente; per compiere nel miglior modo questa fatica della vita”.

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