Manfredi “il visionario” tradito due volte. O forse tre.

CULTURA

Due le “eredità” lasciate da Manfredi, ed entrambe disattese: il porto aperto verso il Mediterraneo e il disegno di una città moderna. Ce n’è una terza, ma è sfuggente, incerta.

Per Manfredi la fondazione di Manfredonia assumeva un’importanza fondamentale. Era spinto dagli interessi della seconda moglie, Elena, che gli aveva portato in dote possedimenti sull’altra sponda, ma anche dal bisogno di trovare uno sbocco a un regno che doveva aprirsi verso il Mediterraneo. Per gli studiosi non ci sono dubbi: “fu Manfredonia a rappresentare il fiore all’occhiello della monarchia” e la città, grazie al ruolo del porto affacciato sull’Adriatico meridionale, “avrebbe dovuto assumere, nei piani della corona, la leadership economica e politica della Capitanata… un nuovo e dinamico porto sulla costa pugliese, al tempo stesso emporio commerciale e base avanzata per la colonizzazione della costa orientale adriatica” (Pispisa). E aveva ragione: nei secoli successivi il porto di Manfredonia acquisì un ruolo fondamentale per l’economia del regno, per gli scambi commerciali con le varie località dell’Adriatico e del Mediterraneo, da Cipro a Marsiglia, alla Dalmazia, alla costa africana. Cosa partiva da Manfredonia? Dai registri angioini si legge di enormi quantitativi di grano, carne e pesci salati, vino, formaggio, legumi, biscotti… e ancora cavalli, legname (per macchine da guerra), pellame, tessuti, lana, cordami, sale. Questo significa che a terra c’erano maestranze in grado di preparare questi prodotti, e altre capaci di riparare e costruire le navi per varie esigenze. Romolo Caggese afferma che i porti di Napoli, Gaeta, Taranto, Manfredonia non erano secondi ad altri nelle loro operazioni mercantili. “In tutti i porti della Regione da Manfredonia a Taranto si erano stabiliti con le loro logge, i loro fondachi mercanti amalfitani, veneziani, più tardi genovesi, senesi, pisani, lucchesi, milanesi, dalmati, catalani” (Licinio). A Manfredonia (in tutta la Puglia e in Italia) si parla del mare e si pensa al turismo, si parla del Mediterraneo e si pensa alle invasioni africane.

Due visioni, quindi, nella fondazione della città: il porto e il disegno di una città moderna, semplice, ma di straordinaria efficienza, rovinato per sempre dalle espansioni di questi ultimi anni e decenni.

A Manfredonia non c’è la differenza (come altrove) tra la parte antica e quella nuova. “Paradossalmente ciò accade perché si tratta di una città urbanisticamente moderna, ovvero pronta nella sua trama di strade ampie e regolari ad accogliere il nuovo vento della modernità” (D’Ardes). Le nuove residenze oltre le mura, nell’Ottocento e fino alla metà del Novecento, si sviluppano in continuità con il disegno primitivo e la trama di strade ortogonali (maglia quadrata) resta, a distanza di otto secoli, la vera eredità lasciata dal suo fondatore. Manfredonia è una città “fondata”, con una idea originaria, ma ha anche le caratteristiche delle “città cosiddette spontanee”. Non la fedeltà a uno schema preordinato, ma un organismo complesso, unitario e articolato, con materiali e tipologie edilizie diversi. Una forma spaziale venuta a crearsi nel corso del tempo, coniugando gli aspetti innovativi e il rispetto dello schema originario. “Non si tratta solo del superamento della città muraria, ma della perdita della forma, della matrice ortogonale, che lentamente, nel periodo considerato, va smarrendo la sua capacità regolatrice…”. Una modernizzazione “malata” di una borghesia senza amore per la città, che ha portato alla rovina del Centro storico (sconsiderate sopraelevazioni di edifici, l’assurda “aggiunta” sulla parete della Cattedrale che ha alterato per sempre la piazza…). Infine le nuove espansioni, che, lontane dal Centro storico, si muovono con tracciati introversi, “immemori dell’atto fondativo della città” (Rignanese).

C’è poi un’altra eredità, più nascosta. O meglio un auspicio. Quello di un popolo coraggioso, intraprendente, impertinente persino, amante della vita, delle arti, della cultura… come era lui… E di “capi” leali e pensanti alla comunità.

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