Manfredonia e piano di rientro. Generazione sandwich e taglio dei servizi.

SOCIALE

Dopo la morte di mio padre, mia madre vive da sola, ha 86 anni… da 24 mesi usufruiva del telesoccorso – cosi inizia una lettera pubblicata su “Stato quotidiano” il 5 di questo mese. Una figlia racconta che questo intervento, integrato con altri, le permetteva di vivere “con maggiore tranquillità”. Il 30 giugno arriva una lettera dal Comune: dice che dal 1 luglio sarebbe stato eliminato il servizio. “Comprendo le difficoltà del Comune, dei Servizi sociali e dei tagli, ma non hanno dato il tempo alla gente di organizzarsi”. Il telesoccorso è stato cancellato per 30 persone. “Non si può lasciare così la gente senza un servizio importante…”. Chiede le motivazioni, perché non sono stati chiamati prima, perché non è stata fatta una graduatoria… Una lettera semplice, con poche parole, una piccola importante testimonianza di cittadinanza e dignità.

Già altre persone hanno sottolineato l’utilità di questo “servizio minore”. Qualche anno fa un commissario di Pubblica Sicurezza di Manfredonia che lavorava nel Nord, visse una situazione analoga (la morte di uno dei due genitori) ed espresse apprezzamento e orgoglio (da manfredoniano) per questo intervento sociale.

Nella lettera troviamo una cittadina che non grida, né si lamenta, né si va a raccomandare; la semplice esposizione dei fatti è una critica alla burocrazia comunale. Una cittadina che comprende la situazione del Comune, ma vuole sapere…

La lettera partiva pochi giorni prima del Consiglio comunale (26 giugno) per il piano di rientro. Un Consiglio nel quale le politiche sociali furono ignorate completamente; d’altra parte c’era stata la rassicurazione che nessun servizio sarebbe stato tagliato, nessuna tassa aggiunta!

Nella morsa tra chi pensava al commissariamento e chi diceva che tutto era sotto controllo, la città con i suoi bisogni e le sue sofferenze era dimenticata. Il telesoccorso è stato ridotto del 30%! Le donne di mezzo, le “donne sandwich”, compresse tra i figli che stanno più tempo in casa e genitori sempre più anziani, fronteggiano un cambiamento demografico e sociale enorme. E’ necessaria una partecipazione maggiore degli uomini ed un welfare che protegga di più. Questo servizio va in questo senso. Non assistenzialismo, ma un sostegno alla donna che lavora e alla famiglia perché viva “con maggiore tranquillità”. Il piano di rientro è da farsi. Ma non è solo una operazione contabile: il diritto di sapere e di essere informati è alla base della cittadinanza e del rispetto della dignità delle persone.

Se la rivoluzione dell’uguaglianza segna l’inizio della modernità, la rivoluzione della dignità indica il tempo nuovo del Novecento. La Costituzione italiana, quella tedesca, la dichiarazione universale dei diritti umani… danno una rilevanza assoluta alla dignità e al lavoro; i due pilastri, dice Rodotà, posti a fondamento della “condizione reale della persona, per ciò che la caratterizza nel profondo (la dignità) e per quel che la colloca nella dimensione delle relazioni sociali (il lavoro)”.

Il rispetto della dignità per le persone che vivono nella precarietà, insicurezza, vulnerabilità è possibile solo con servizi accessibili a tutti, regole certe, sapendo a cosa si ha diritto, uffici pubblici “premurosi”.

Con il piano di rientro altri servizi sono incerti. I contributi straordinari, quelli urgenti, pare che non si pagheranno. O meglio non si dice nulla, e le persone attendono. Ma tanto c’è la Caritas! E’ questo un intervento obbligatorio. Si può ridurre, ma non si può cancellare. Ci sono delibere che stabiliscono le procedure (i tempi, la riservatezza, la casistica…). La Caritas può svolgere un’azione sussidiaria e autonoma, ma non sostitutiva…

Molti di coloro che si rivolgono ai Servizi Sociali mal sopportano di essere mandati altrove. Considerano il “pubblico” la loro casa. Welfare si traduce in molti paesi del Nord Europa con “casa comune”. Una espressione bella e significativa.

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