Clara Sereni. Via Ripetta 155. La casa che aveva una voce e dove era aperto il cantiere del futuro.

CULTURA

In Via Ripetta 155 si trasferì Clara Sereni dopo essere andata via da casa nel 1968. Una casa nel Centro di Roma, l’unica, tra tante, che sembrava avere una sua voce, e lì rimase per una decina di anni. “In quella casa non mi importava del freddo, della fame. Ero felice. Il futuro era un cantiere aperto, molte e grandi cose da fare”. In quella casa dormiva chi arrivava. Stranieri soprattutto, piccioni viaggiatori di vecchie e nuove dittature. Nulla sembrava poter andare storto, ci si sentiva “nel grande fiume della storia”.

Via Ripetta 155” è l’ultimo libro di Clara Sereni. Ne discutemmo insieme a Umbria libri nel Novembre del 2015. La incontrai per la prima volta in quella occasione. Avevo preparato vari percorsi di lettura, ma come accade spesso misi da parte tutto e conversammo liberamente e con il pubblico: l’essere giovani nel ’68, l’amore, gli oggetti di quegli anni, la solitudine, la politica…

Lei partiva da una esperienza “privilegiata”: era di famiglia ebraica, figlia di uno studioso importante e membro autorevole del Partito comunista.

C’erano molti giovani nel Corridoio del Trecento del complesso S. Pietro in quella serata perugina. Nessuna lezione, nessun insegnamento, un racconto semplice, personale. “Non ho mai rimpianto i miei vent’anni, comunque difficili: la nostalgia è sempre soltanto per quel noi spentosi via via…”. Un racconto sincero sull’amore (“quello che ti fa torcere le budella”), la rabbia contro tutti, i padri soprattutto… sentire presto che montava qualcosa che toglieva spazio alla vita, faglie che si aprivano e separavano le storie personali. Fece “lavoro politico”, come si diceva allora (preparazione mostre, ricerca musica folk (“Matteo Salvatore aveva il profumo dei lirici greci”). Nei momenti difficili era capace di riunire ogni possibile energia e saltare oltre il fosso, con scelte anche solitarie, di cui era contenta: “Alla vigilia di Natale andai da sola alla messa cantata a S. Maria del Popolo. Me ne tornai a casa fiera della decisione controcorrente di ascoltare musica proprio lì”. I furti in Via Ripetta, da parte di coloro che lì erano ospitati, facevano male, le discussioni infinite su etica personale ed etica pubblica, il suo matrimonio non matrimonio, l’idea che si poteva essere una famiglia diversa, e c’era la convinzione che l’Italia potesse cambiare. Ma quel noi che non c’era più lasciava indifesi; si continuava a stare insieme, fare le vacanze insieme senza allegria, non si discuteva più di politica ma su come spartirsi le ciliegie. Si cambiava, si diventava “borghesi” senza vergogna, eppure si continuava a parlare di una rivoluzione possibile. “Se a via Ripetta arriva Prospero Gallinari, o altro ricercato delle Brigate Rosse, che fare? Denunciarlo o meno?

Lasciò Via Ripetta nel 1977. L’anno dopo nacque il figlio Matteo, con gravi problemi mentali. Si trasferì a Perugia. “Ho coltivato il sogno infantile di cambiare il mondo… Posso cambiare un pezzetto e il mondo per me cambia con Matteo… Fare qualcosa è meglio di niente. Accendere un fiammifero è meglio che incazzarsi con il buio. Radicandosi su quanto esiste qui e oggi si possono mettere insieme le speranze, coltivare il bisogno di darsi un respiro, una passione agganciata al domani”.

Clara Sereni è stata assessore alle politiche sociali a Perugia, ha fondato la Città del sole (percorsi di vita per persone con disabilità mentali)… è morta 4 giorni fa. Si capisce fin dalle prime pagine che i suoi libri nascono da una profonda esigenza interiore e possono ancora aiutarci a capire qualcosa di questo nostro tempo. Ci sono quelli che si alleggeriscono scrivendo e stanno bene, altri invece soffrono, perché cercano di capire, chiarire, essere sinceri. A questi ultimi diceva di appartenere. Fu molto contenta di quella serata a Perugia e della presenza numerosa di ragazze e ragazzi.

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