Dal Parnaso. Dibattito su Stato nazionale e sovranismo. Le conclusioni di Machiavelli.

CULTURA

La rivista “Endoxa – Prospettive sul presente”, bimestrale online del Dipartimento di studi umanistici, Università di Trieste, nell’ultimo numero pubblica un dibattito tra Machiavelli, Bauman e Beck su “Stato nazionale, populismo, sovranismo”. Qui sono riportate le conclusioni di Machiavelli. Su Endoxa si può leggere l’intero articolo.

Machiavelli. “… Mettere insieme gli uomini di una stessa terra e lingua è difficile, ancor più lo è unire tanti popoli con lingue diverse, gelosi, invidiosi, diffidenti. La cosa più ardua è unificare Stati abituati a governarsi da soli, sono come edifici con fondamenta proprie che bisogna correggere, rinforzare, rifare… Non è chi non veda il pericolo in questa nuova costruzione per la stabilità complessiva. Gli uomini, infatti, difendono ciò che hanno e non riescono a immaginare un bene futuro; di fronte alle prime difficoltà si rivoltano contro.

Mi hanno raccontato che il mondo attuale è pieno di rischi: riscaldamento della terra, diseguaglianze, emigrazioni, nuove tecnologie… Gli uomini sono disorientati e stentano a trovare un senso a ciò che accade. Gli Stati nazionali non possono e non riescono ad affrontare problemi che hanno dimensioni planetarie. Non sono la soluzione, sono essi stessi il problema. Paralizzati da veti, diffidenti gli uni con gli altri, spesso con una classe politica prigioniera delle paure che essa stessa ha creato.

Un quadro carico di pericoli, più dei miei tempi, quando vedevo l’Italia divisa, con interessi e avidità interne alle singole città. Gli Stati nazionali sono fondati su legami etnici e culturali, emotivi, derivanti da un passato, un destino, una storia comune. E’ possibile sostituirli con una condivisione dei rischi futuri e con i benefici che verranno? E’ oggi possibile un governo sovranazionale, in grado di dare sicurezza e risposte alle paure, e, quindi,  protezione e cura per le comunità? Molti citano il mio Principe, parlano superficialmente del rapporto tra politica e morale e degli inganni necessari per conquistare il potere. Ma la mia idea di Stato è nei “Discorsi” su Tito Livio. Lì parlo del governo della Repubblica, che non può avere una doppia morale, una per i potenti e una per i cittadini, una per chi governa e una per chi è governato.

E’ davvero un’avventura, difficile e entusiasmante, costituire gli Stati Uniti d’Europa. Per compierla ci vogliono buone leggi e buone armi, uomini virtuosi… ma è necessario non temere le diversità. Roma, si dice, è stata grande nonostante la disunione tra patrizi e plebei. No. Io dico che Roma è stata grande perché vi erano conflitti e disunione. Le repubbliche fondate su ampie basi popolari non avranno mai vita tranquilla e bisogna accettare e governare i contrasti e le opposizioni. In ogni Repubblica ci sono umori diversi. Roma antica aveva istituzioni per tenere insieme gli umori dei patrizi e quelli dei plebei, questo ha permesso di raggiungere il bene comune, che è quello che fa grandi le città. E aveva coltivato l’arte della persuasione, la retorica, l’abilità nell’uso delle parole e del discorso pubblico. Nessuno temeva il confronto e il dibattito.

Mai ci sarà una Repubblica sicura se non ha con le sue leggi predisposto ogni cosa perché il governo resti nelle mani dell’intera comunità dei cittadini e non finisca nelle mani di individui e gruppi tirannici. E’ una triste verità che la maggioranza del popolo non è virtuosa, è apatica, indifferente e questo comporta che il popolo si lasci corrompere da chi persegue fini di dominio privato, si faccia avvolgere da un autoinganno collettivo, false immagini, una cecità che colpisce anche i cittadini più virtuosi. La corruzione, cioè anteporre i propri interessi al bene comune, è sempre in agguato e nasce dalle disuguaglianze, per cui le buone repubbliche sono quelle che mantengono ricco il pubblico e poveri i cittadini. Ma solo se i cittadini mettono a disposizione della comunità i propri talenti si potrà favorire il bene comune, solo se partecipano e si dedicano al pubblico servizio si creano le condizioni  per mantenere viva la libertà personale e quella di tutti”.

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