Teniamocela stretta, la vergogna. E’ alla base della convivenza civile.

CULTURA

C’è una parola ripetuta con ossessiva frequenza. Legge Fornero, una vergogna. I vitalizi, una vergogna. La buona scuola, una vergogna. Il ponte Morandi, una vergogna… Eppure si tratta di provvedimenti legislativi, di opere pubbliche… che avrebbero bisogno di altri aggettivi e di concetti un po’ più elaborati. Vergogna è una parola antica, la troviamo in Brunetto Latini e Dante… E’ “turbamento e timore che si provano per azioni, pensieri e parole che sono o si ritengono sconvenienti”. Dante dice che “non è una virtù, ma è certo una passione buona”.

Franco Tretola era ossessionato da questa parola, da questo sentimento che riteneva ormai scomparso. Realizzò un progetto impegnativo:“Alla ricerca della faccia perduta. Riprendiamoci la vergogna”. Un percorso di facce (centinaia ne aveva preparate), che si snodava dalla Biblioteca comunale a Palazzo Orsini e si concludeva nel chiostro. Prima, però, bisognava sostare in piazza del Popolo, lì vi era una grande istallazione in acciaio, dove ci si poteva specchiare, guardarsi in faccia; a livello popolare “sfacciato” e “sfacciataggine” è chi ha perduto la faccia. Anche questa parola la troviamo in Dante quando si rivolge “alle sfacciate donne fiorentine…”.

Il primo legame tra il cittadino e chi esercita una funzione pubblica è quello dello sguardo. Faccio un gesto scorretto o volgare: “quel gesto aderisce a me, non lo giudico e né lo biasimo… Ma ecco che improvvisamente alzo gli occhi: qualcuno era lì e mi ha visto… E ho vergogna… ho vergogna di me stesso quale appaio ad altri”(Sartre). Sono gli altri che mi vedono, che mi portano a dare un giudizio su di me. La vergogna non è qualcosa di riflessivo, è “un brivido immediato” ed implica una relazione, uno sguardo. Invece di stare in ufficio qualcuno mi vede in giro a fare altro…; una persona di cui mi fido “ruba” una mia foto personale e la “offre” a tutti, io apro il cellulare e mi vedo e immagino gli sguardi indiscreti di tanti su di me… Il rossore accomuna il pudore, la vergogna. E’ una reazione fisica che appare sul volto, e non si può nascondere. L’individuo si vede in una condizione di errore, vorrebbe nascondersi, fuggire, riparare a quell’errore. Purtroppo, diceva Tretola, oggi non c’è più, e la spudoratezza regna sovrana e ostenta sicurezza. Uno si fa raccomandare e lo dice e se ne fa vanto; si fanno promesse che non si mantengono…

Zeus vede che gli uomini si stanno distruggendo tra loro e dice a Hermes di portare sulla terra il pudore e la giustizia, che sono a fondamento della vita civile. La rabbia, la gioia si possono vivere insieme, non la vergogna, un sentimento intimo, personale, ma che ha una valenza pubblica straordinaria. La legge sulle baby pensioni di tanti anni fa è stata ingiusta, offensiva dell’uguaglianza e dell’equità, irrispettosa del futuro dei giovani. Non poche persone ne hanno usufruito. Molte altre no. Ci sono state donne baby pensionate poco più che trentenni. Spero che ora, vedendo il figlio a 34 anni senza lavoro e contributi versati, provino vergogna.

La mostra di questo artista visionario si tiene alle fabbriche di S. Francesco a Manfredonia. Lì si possono vedere dieci, cento, mille facce e altre creazioni, varie e fantasiose. Tretola ha provato a introdurre segni di bellezza in molti luoghi di questa città. Ha tenuto l’ultima sua mostra (un paio di anni fa) nel cortile di un palazzo storico, rovinato e maltenuto… quella scelta e la cura di quel luogo è stato un gesto civico importante.

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