Il crollo delle nascite. E’ il maggior problema italiano e del Sud.

SOCIALE

Anni fa in Svezia accadde un fenomeno strano. In un distretto la natalità aumentò improvvisamente e nettamente, per un breve periodo. Si scoprì poi che circa nove mesi prima c’era stato un blackout di due tre giorni. Niente televisioni, radio…

Qualcuno pensava che i balconi festanti del primo lockdown, quell’andrà tutto bene”, le coppie “costrette” in casa… ci avrebbero regalato tanti bambini. Invece nel 2020 le nascite sono nettamente diminuite rispetto al 2019. E i due mesi di novembre – dicembre dello scorso anno registrano oltre il 9% in meno, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Il nostro paese è sempre più vecchio e gli ultimi dati sulla natalità sono molto negativi. La popolazione diminuirà fortemente nel giro di un trentennio e rischia di dimezzarsi entro la fine del secolo. Un fenomeno irreversibile in tempi brevi, per due semplici ragioni. In primo luogo le donne fertili: sono nettamente calate. Più donne in età di fare figli ci sono in una società, più figli si possono fare. In Italia le donne della fascia 15 – 49 anni non arrivano al 40% della popolazione femminile, mentre in Europa è del 42,5, e nel mondo del 50,5. Questo a causa del brusco calo delle nascite nei decenni passati. Ma le donne sole non bastano, ci vogliono le coppie. Per matrimoni l’Italia è ultima in Europa (3,1 per mille abitanti), rispetto alla media europea che è del 4,3. Anche le coppie di fatto si sono ridotte. Insomma la natalità è scesa a 6,8 per mille abitanti, mentre in Unione Europea è del 9,3, il continente messo peggio nel mondo.

L’Italia faceva un milione di figli all’anno fino all’inizio degli anni settanta. Allora si parlava di sovrappopolazione. Fare figli era ritenuto un retaggio antico. C’erano in quegli anni grandi trasformazioni (nuovo diritto di famiglia, divorzio, aborto…), ma non c’è stato nessun aiuto alla famiglia, né servizi per conciliare famiglia e lavoro, salvo le pensioni baby!

Il Paese potrebbe funzionare anche con 10 milioni di abitanti in meno? Oggi le provincie e le città perdono 1% all’anno. Negli anni immediatamente precedenti la pandemia il rapporto era di 200 morti per 100 nati. A Torino, Taranto, Palermo… A Manfredonia nel 2001 i nati erano 601, i decessi 368. Nel 2019 i nati 362, i decessi 503. Un saldo negativo di 141 unità. Dobbiamo aspettare i dati sulla pandemia.

La denatalità è chiaramente un fatto politico, influenza la vita economica e sociale. In un territorio (Manfredonia), in meno di 20 anni, la popolazione oltre i 65 anni passa dal 13% (2002) al 22% di oggi, mentre quella 0 – 14 dal 18% al 13%. La perdita odierna di un migliaio di adolescenti e giovani incide su altri settori (la scuola), sui consumi (quelli privati: meno feste, meno abbigliamento, meno spese per il tempo libero). Ed anche sui servizi. Una buona politica è quella che pensa agli interventi per gli anziani (invecchiamento attivo, prevenzione… non solo case di riposo!), ma anche ai servizi per le famiglie, riducendo il costo dei figli, conciliando vita – lavoro… Quello che cercava di fare il distretto famiglie! L’assegno universale di 250 euro al mese fino ai 18 anni giunge in ritardo, ed è buona cosa. Ma non basta. Dietro la denatalità c’è molto altro: carenza di risorse, opportunità di lavoro, sicurezza, fiducia, amore del futuro…

Se questa situazione la trasferiamo dal livello territoriale a quello nazionale cosa accade? Il ministro della Pubblica istruzione ha detto che avremo un milione di alunni in meno. Una popolazione anziana si traduce in un numero maggiore di pensionati e un numero minore di lavoratori attivi. Chi pagherà le pensioni? I pensionati consumano di meno e quindi non possono essere più i consumi privati a trainare la crescita economica. E allora? A un modello di crescita basato sui consumi devono affiancarsi modelli basati su investimenti ed esportazioni. Come la Germania. Meno consumi, più denaro per essere investito. Il sistema deve avere sempre un certo equilibrio e la politica tedesca ha lavorato anche sugli immigrati e sull’integrazione. E noi? E’ necessario e fondamentale riaprire un discorso serio sull’immigrazione.

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