Europa: un passo indietro sui diritti. Intanto i naufragi continuano e la democrazia si sfarina.

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Dopo aver criticato il Regno unito per l’invio in Ruanda dei rifugiati e richiedenti asilo, ora l’Europa fa altrettanto.

I respingimenti si faranno e non si perderà tempo. “Rimpatri” veloci in tre paesi: Nigeria, Costa d’Avorio e Tunisia; ritenuti sicuri. Così l’opinione pubblica sarà soddisfatta. Noi li chiamiamo rimpatri, in Africa deportazioni. Finora i paesi occidentali li hanno effettuati dove conveniva. L’Italia li ha depositati in Libia.

Storia di Patrick. La sua testimonianza di “rimpatriato” è nel docu-film “The years we have been nowhere (Gli anni in cui non siamo stati da nessuna parte). “Ho preso la decisione di partire nel 2010. Avevo 26 anni. Ho lasciato Freetown (Sierra Leone) per Parigi e poi l’America. Ospite di un amico in Florida. Ho chiesto lo status di asilo, ottenuto il permesso di soggiorno di un anno, cominciato a lavorare e frequentare vari corsi. Mi sono diplomato, ho trovato lavoro da tecnico sanitario. Ho sposato Dana, di Haiti. Il 10 agosto 2015, due poliziotti in borghese mi invitano a seguirli… In auto a Miami, poi a Krome, un centro di detenzione per migranti irregolari. Senza salutare nessuno, nemmeno mia moglie. Sono rimasto lì 17 mesi. Nell’aprile 2016, da Miami a Freetown. A casa di mia madre. Mi sentivo estraneo. Amici e familiari a ricordare i miei fallimenti. La mia mente era spezzata. Più volte all’ospedale psichiatrico, Mi riprendevo, poi parlavo con mio figlio e Dana…”. Al ritorno Patrick è caduto in depressione con crisi epilettiche. E’ morto due anni fa. Il docu-film è stato girato tra Africa, Europa, Usa. Un team di lavoro internazionale, coordinato da Lucio Cascavilla, Mauro Piacentini, Antonio Rignanese e altri. Il film, realizzato grazie alla raccolta fondi cui hanno aderito anche molte persone di questo territorio, è stato premiato al festival di Huston nel Texas.

Sull’immigrazione non si si riesce a invertire il vento. L’Italia è al 14 posto per accoglienza. Ne passano 1 milione e 200.000, ma il 90% va via, verso altri paesi che offrono lavoro. Eppure si evoca chissà quale invasione. In Europa a rischio le idee sull’ospitalità e il diritto di asilo, presenti nelle costituzioni di tutti i paesi. Le elezioni europee del 2024 sono vicine e nessuno vuole rischiare. Non si parla d’altro se non come rimandarli indietro. Sono stati accolti due milioni e mezzo di ucraini e ora di fronte alla collocazione di poche decine di migliaia di persone all’anno… Una differenza di comportamento che non trova alcuna giustificazione. In Italia poi sono fermi i diritti di cittadinanza, i ricongiungimenti familiari, la situazione dei minori non accompagnati. Di questi problemi bisognerebbe parlare e dell’Africa.

Non vorrebbero partire, ma milioni di ragazzi africani sentono l’idea di uguaglianza, non accettano le cose come stanno, le differenze tra chi ha e chi non ha, paesi ricchi e resto del mondo. Gli esclusi conoscono e usano i nuovi strumenti di informazione, non si fanno intimidire, anche se sanno che qui non c’è quello che percepiscono a distanza.

Dovremmo cambiare mentalità, essere più aperti e generosi. L’immigrazione e l’integrazione servono a noi. Eppure fin dal primo “Sprar”, dai primi progetti… mugugni e lamentele, occorreva sempre chiarire che si utilizzavano fondi europei, che nulla si toglieva agli italiani… Cosi il camper, così la Casa dei diritti… Opportunità sprecate. E la storia continua.

Si è parlato tanto di Pnrr. C’è il Tavoliere, che ha bisogno di cura e integrazione. Il tentativo più coraggioso ci fu tra 2017 e 2018 con la commissaria Iolanda Rolli (prefetta a Reggio Emilia fino a pochi giorni fa). La Rolli ha detto tre cose: l’immigrazione nel Tavoliere dura tutto l’anno; nuove coltivazioni e c’è lavoro 10 mesi su 12; servono moduli abitativi di 400 posti, più container per servizi igienici, servizi sociali, infermeria. Individuati tre luoghi (Lesina, S. Severo, Manfredonia – Borgo Amendola). Ora il nuovo progetto dei fondi Pnrr volge l’attenzione ai borghi rurali dell’epoca fascista, lontani dai luoghi di coltivazione. Non si elimineranno i ghetti e il Tavoliere perderà anche questa occasione per ripopolarsi.

“Il tema dei migranti è un banco di prova. Se cedi sui migranti, cedi su tutto“. Così Alain Touraine, uno dei maggiori pensatori europei, morto in questi giorni. Lui ha parlato d’un mondo sfarinato, l’illusione di un governo mondiale con una élite di tecnocrati, incapace di coordinare diritti e libertà, affrontare le disuguaglianze, la pace e la guerra, il riscaldamento climatico. Né sa preservare l’idea di democrazia, l’unico luogo storico e filosofico in cui sono possibili le relazioni, le sinergie, le mediazioni tra individui, partiti, sindacati, poteri istituzionali, media. La comunità europea non è interessata a trovare spazio politico a nuovi attori sociali e movimenti per ridare alla democrazia slancio e avventura.


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