Invecchiare. Quella grande voglia di parlare, per salvarci dalla insignificanza e dalla stupidità.
Una grande voglia di parlare (sulla città, sul tempo presente, su come si sta…) emerge nei momenti informali e in “occasioni obbligate”
Mi riferisco alla gente comune e alle persone anziane. E ‘ sufficiente “dare il la” e si parte… Domande e osservazioni spontanee e ovvie, tra interlocutori che nemmeno si conoscono, in luoghi di sosta e di attesa.
Altra cosa sono le occasioni obbligate… i funerali soprattutto. Ci si vede meno, anche tra parenti e amici. Si vive in paesi vicini e non ci si frequenta da anni. Se poi si è andati via, non si sa nulla di cugini con cui si è cresciuti insieme, e persino di fratelli… con l’età si perdono i contatti. Oggi provano a ristabilirli, tramite foto e video, i nipoti. Le omelie funebri possono aiutare. Ne ho ascoltato, in questi giorni, un paio “intelligenti”: un prete esprime la soddisfazione per la presenza di parenti lontani e membri di famiglia ricostruita. Un altro prete: “Le lacrime sono una forma di preghiera. Prendiamoci l’impegno di ricordarci e incontrarci ancora”.
Svolgono una funzione sociale i funerali. Le voci si accavallavano. Si chiede timidamente chi è vivo e chi non c’è più, le promesse di incontri futuri, i sensi di colpa, per distacchi prolungati e inspiegabili. “Corriamo tutti”. “Sto bene… sono in pensione da otto anni e il tempo vola.”. Chi ha i figli ha qualcosa in più da dire. L’unica novità sono i viaggi. Quelli in Italia non contano. “Sono stato in Spagna due volte” . Manca il racconto della quotidianità. Nessuno dice “che fa” qui della propria esistenza. Nella vita di coppie anziane le cose non vanno bene. Sempre più persone, in pensione a 65 e 70 anni, si sentono sole, riferiscono cose ovvie, senza entusiasmo.
Mai si elogeranno abbastanza i luoghi informali (mercati, strade, piazze.. ), dove le conversazioni sono a ruota libera. Lo spazio urbano è un palcoscenico teatrale. Per le persone anziane andare al mercato è un’esigenza importante. Gli incontri ravvicinati, il contatto con le persone di cui si ha fiducia fa vivere bene.
i luoghi informali sono quelli che offrono più sorprese. Promuovono il vivere civile e democratico senza sbandierarlo, la conversazione scivola veloce, ironica, paradossale, come si vede nelle sale dei barbieri e parrucchieri, nei bar… In Francia per rivitalizzare i borghi spopolati si parte dai caffè, con sostegno ai giovani che li aprono e curano l’aggregazione delle persone. Del resto i primordi del giornalismo sono nati nei caffè!
Ho partecipato a una serata “culturale” al centro sociale anziani a Manfredonia . Un documentario sul “Gargano da terra di briganti a una realtà che muta e cambia, 1860 – 1970”. Alla fine una discussione vivace. Di solito negli incontri pubblici il dibattito ristagna, con gli anziani questo pericolo non c’è. Interessante è stato ricordare un anno, il 1969. Quello che avvenne in Capitanata e quello a livello nazionale. Qui scioperi per il lavoro e in Italia la bomba di Piazza Fontana. Se ci sono i giovani gli anziani sono ancor più contenti. “Si mette in moto il ricordo che fa star bene”, dice Geppe Inserra, l’organizzatore. Penso anche al “progetto memoria”: Come giocavamo, come vestivamo… La partecipazione è stata straordinaria soprattutto delle donne.
C’è poi il centro Nicodemo. Nato per caso, Una suora, un convento, una scuola privata, la crisi per mancanza di bambini. “Ci sono gli anziani, perché non aprite il salone vediamo che succede”. E suor Anna Maria accetta la sfida, arrivano tante persone, soprattutto donne. Una formula semplice, due o tre giorni la settimana, ginnastica dolce, ma anche incontri… amicizie che si sviluppano. Le persone escono di casa, si parlano, si frequentano.
Gli anziani hanno bisogno di parlare, di essere ascoltati, e di luoghi in cui si ci confronta con gli altri. Ci sono in giro due “afasie“: persone chiuse in piccole, ottuse certezze e discorsi spezzettati in una miriade di linguaggi… con egoismi ed individualismi che affiorano. Si pensa troppo agli adolescenti, che pure bisogna ascoltare e renderli autonomi. Ma assente è l’attenzione ai bisogni di salute mentale degli anziani.
“E queste guerre?” “E il riarmo?” “E le vittime innocenti?” “Speriamo che il nuovo papa sia come papa Francesco”. Non si può dire che il mondo dia tranquillità. Lo sviluppo tecnologico, la scoperta dei mondi infiniti, le migrazioni… La storia ci pone con la mondializzazione e globalizzazione nuove domande sul fine dell’esistenza umana, sui cambiamenti, sul futuro. C’è paura per come va il mondo. C’è bisogno di luoghi dove le persone possano incontrarsi, capire quello che accade, e magari essere aiutate ad esprimere paure nascoste e angosce.