La lucida, pietosa, struggente follia umana di sopravvivere dopo la morte

CULTURA

“Ma non mi avevi detto che il tuo ufficio si affacciava su un cimitero e che la pausa di lavoro la trascorrevi lì, mangiando un panino e discorrendo con qualche amico?”. “E in effetti è il luogo dove stai passeggiando”.

Mi giro intorno e scorgo un parco di giochi per bambini, labirinti da percorrere, alberi per arrampicarsi… ma poi sulla lunga fascia perimetrale tante lapidi e in un angolo una vasta siepe e piante che avvolgono tombe del Settecento e Ottocento.

Ovunque, a Londra, ci sono piccoli cimiteri – parchi. Poi ci sono i “sette magnifici cimiteri londinesi”. Abney Park è quello che conosco meglio, un’area di vari ettari con migliaia di tombe, una foresta intricata, fitta, con piante portate da lontano, attraversata da scoiattoli, volpi, uccelli, tanti i pettirossi in questo periodo. E’ inserito nella città, un vero e proprio parco, attraversato dai residenti semplicemente per accorciare la via, o da coloro che passeggiano e fanno footing, ma dove si svolgono scene di vita quotidiana: un padre seduto su una tomba dà il biberon al bambino, madri con i figli piccoli giocano a nascondino, una bambina di 3-4 anni imbronciata perché con i gessetti colorati vuole segnare alcune tombe, per indicare la via, dice. Ci sono viottoli, sentieri stretti (solo in alcuni il carrozzino ci passa), la grande maggioranza delle tombe sono coperte dal verde, piegate e sollevate dalle radici. Tutto straordinariamente confuso.

il Foscolo esalta la bellezza dei cimiteri inglesi, con alberi che stendono “perenne verde” sulle urne. Giardini e orti suburbani cari alle “britanne vergini” che spargono lacrime votive, fanno crescere amaranti e viole, raccontano le loro pene ai “cari estinti”. E intorno sentono una fragranza, un’aura serena quale è nei campi elisi. Una “pietosa insania“, ma quanto diversa dai cimiteri dei cristiani e dalle sepolture nelle chiese dove immagini lugubri trasmettono solo paura e angoscia.

Il carme “Dei Sepolcri” non è un canto di morte, ma esprime un impulso attivo con un “crescendo” finale “eroico” di amore per la vita. I monumenti non giovano a chi è morto, ma hanno valore solo se trasmettono a chi vive esempi “virtuosi” e ricordi di libertà, pietà, cura degli affetti privati e delle istituzioni pubbliche, culto delle glorie patrie. Una “corrispondenza di amorosi sensi”, che è possibile solo se chi è vivo è disposto ad accogliere quegli esempi e quegli affetti.

Un’eredità “non preceduta da alcun testamento” (Char). Un’eredità in cui la mano del defunto non si vede. Questo si avverte ad Abney Park. Molte lapidi non si leggono più, molte si intravedono appena nel fogliame. Non si legge quella di Mary Hays (1759 – 1843), una femminista che ha scritto “Memoires di Emma Courtney” (che scandalizzò i lettori dell’epoca) e le biografie di 294 donne, in sei volumi, usciti a Filadelfia nel 1807. Centinaia, migliaia le tombe inavvicinabili, con più generazioni sepolte insieme. Storie di viaggiatori e avventurieri, alla ricerca di una vita meritevole di essere vissuta. Alcune lapidi riportano nomignoli come Nana o Eric the punk dog walker.  

Qui, nei pressi, nel XVII XVIII secolo, c’era l’Accademia della dissidenza, frequentata anche da Defoe (l’autore del Robinson Crusoe). Studenti che imparavano l’economia, la geografia, le lingue straniere. Abney Park, dice il pannello illustrativo, è il cimitero dei dissidenti, di persone irregolari nella fede, critiche nei confronti della Chiesa di Inghilterra. Vite che trasmettono un’idea di libertà, di ricerca, di sentimenti che hanno ispirato generazioni successive; persone che hanno avuto il coraggio delle proprie idee e delle proprie azioni, capaci di suggerirci che cosa significa “essere umani” in un mondo inquieto, come era allora il loro mondo e come è il nostro, segnato da malafede, viltà, paure.

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