Nel Sud il lavoro femminile non c’è. Ma è soprattutto emergenza mamme.

SOCIALE

Entro il 2010 in Europa l’occupazione femminile doveva raggiungere il 60%. In Italia solo Emilia Romagna, Valle d’Aosta, Bolzano e Trento. Il resto a fatica il 46 %, e nel Sud è del 32%. Qui si combinano bassa occupazione femminile, bassa fecondità, povertà materiale ed educativa dei minori.

Le donne con bambini piccoli sono le più colpite dalla crisi. Alla cura dei figli e dei genitori, ora con la didattica a distanza si è aggiunto un altro compito. “Generazione Sandwich” a tempo indeterminato

La scelta di avere un figlio riguarda la società, uomini e donne. Ne pagano il prezzo le donne già prima, nei processi selettivi, con contratti più fragili, con mansioni di minore responsabilità. I datori di lavoro già nell’assunzione pensano sospettosi a possibili assenze o congedi.

Eppure per riprendersi dalla crisi post Covid l’economia mondiale ha bisogno di reintegrare le mamme nel mercato del lavoro. Una sfida importante per dimostrare che la maternità può convivere con la libertà delle donne di realizzarsi nel lavoro e nella professione. Le “mamme” possono portare nel lavoro e nella politica maturità e saggezza acquisita. Per questo la conciliazione “vita familiare e lavoro” è una sfida importante, per la politica, l’economia, la cultura.

Dopo la maternità, molte non tornano al lavoro. O continuano con stipendi e mansioni inferiori, e questo si traduce in pensioni più basse, rischio di povertà. Cresce il ruolo dei padri, è vero. Ma non è ancora sufficiente. Il ruolo dei nonni può essere importante. Pretendere che queste presenze siano accessorie e possano essere sostituite totalmente dal servizio pubblico è pura illusione. Come è ridicolo e stupido quantificare l’aiuto dei nonni e contabilizzare il risparmio dello Stato con la loro presenza.
Ci sono domande sopite, nascoste, esigenze familiari particolari… che vanno conciliate da una comunità premurosa e generosa, attenta alla maternità, all’infanzia, all’adolescenza. L’enfasi sull’asilo nido è giusto, ma l‘asilo nido ha un valore in se e non è solo strumentale all’occupazione femminile, riguarda i bambini e le pari opportunità. Conta l’assegno unico, contano i servizi domiciliari… Ma conta anche il vicinato, i nonni... Insomma ci vogliono sempre presenze amiche. E oggi nel Sud la prospettiva dei figli unici cambia tutto.

Ci vuole fantasia. Alcuni anni venne presso gli Uffici servizi sociali di Manfredonia una giovane laureata, aveva sentito parlare di tagesmutter, madre di giorno. Voleva impiantare questo servizio nei nuovi Comparti. Lei viveva con i genitori in una casa grande con giardino. E’ diffusa nei paesi del Nord e in provincia di Trento con cui l’ambito di Manfredonia era in contatto. Una figura a metà tra micro nido e la ragazza di fiducia. C’era anche nel passato. Solo che oggi è qualificata, può essere una mamma che accudisce i propri figli e quelli di altri… Pochi bambini, orari flessibili, ambiente familiare. Con questa modalità il bambino sta in un piccolo gruppo, non da solo, e poi tutto è più controllato. Spesso può essere vicino alla propria abitazione…

Centri donne e bambini. Li ho visti a Londra nel quartiere di Hackney. Ce ne sono una trentina su 200.000 abitanti. Diffusi nel territorio, a volte tre quattro stanze. Un paio di operatrici fisse: scambio di vestiti, libri dell’infanzia, angolo per giochi e letture, i bambini sono “pesati” e controllati. Le madri si incontrano tra loro. I bambini pure. E’ un quartiere multietnico, il 60% è di stranieri. Molte donne straniere trovano il servizio di grande utilità. Una donna italiana mi ha detto che era stata aiutata molto. Il bambino lo si può lasciare gratuitamente se una mamma deve seguire un corso di inglese, trovare lavoro…

Era stato inserito nel piano sociale di zona e lo si voleva sperimentare a Zapponeta. Sollecitò l’attenzione, ma non è stato possibile perché non rientrava nella tipologia dei servizi regionali. E perché a Zapponeta? Perché lì c’era un’alta percentuale di famiglie immigrate.

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