Famiglie che non sono famiglie. Crescono quelle unipersonali. I numeri di Manfredonia.

SOCIALE

I dati Istat a livello nazionale e locale presentano una situazione che muta il quadro sociale e politico. Le trasformazioni delle famiglie (e la denatalità) cambiano le comunità, i bisogni, le aspettative.

Ci sono varie tipologie di famiglie (persone sole, coppie senza figli, famiglie monogenitoriali… e coppie con figli). Tutte queste tipologie crescono, meno le coppie con figli. Vincente è la famiglia unipersonale.

Una rivoluzione non più silenziosa: nel 1961 le famiglie erano meno di 14 milioni (i componenti erano 3,6). Nel 1991 le famiglie sfioravano i 20 milioni (2,8). Nel 2021 erano 25,3 milioni (2,3) e nel 2041 saranno 26,3 (i componenti 2,1). La diminuzione di 0,2 non è una inezia. Nei prossimi 20 anni avremo un milione di famiglie in più, mentre la popolazione diminuisce di tre milioni. Le coppie con figli oggi il 32,5% nel 2041 precipitano al 24%. Nel 2021 sono 17,4 milioni i figli nelle famiglie italiane, nel 2041 saranno 14,4 milioni. Tre milioni in meno.

In ca 80 anni le famiglie raddoppiano, la media di componenti si dimezza, la popolazione diminuisce. Come è possibile? Possiamo parlare ancora di famiglia? Molti non credono alle proiezioni, anche se finora si sono tutte avverate. Vediamo la situazione reale in provincia di Foggia: la popolazione, in 20 anni, da 700.000 scende sotto i 600.000 residenti (dicembre 2022). Il numero delle famiglie cresce da 240.000 a 250.00. Un aumento lieve. Non così a Manfredonia. La popolazione nel 2003 era di 57.400. Si mantiene all’anagrafe sopra i 57.000 fino al 2016, poi cala e a dicembre del 2022 è di 53.975.  Il numero delle famiglie da 18.075, nello stesso periodo, passa a 21.730. Quasi 4.000 in più! In relazione al calo della popolazione, è l’aumento più alto a livello provinciale e regionale. Resta di positivo a Manfredonia il numero dei componenti (2,48), più alto della media nazionale. Avevo già parlato di questo argomento un paio di anni fa e pensavo che eravamo al limite, invece da allora c’è stato un ulteriore consistente aumento (700 – 800) del numero delle famiglie. Due anni fa alcuni obiettarono che dipendeva dal reddito di cittadinanza, dalla Tari, altri parlarono di un aumento di separazioni e divorzi. Forse c’è altro.

Il trend è nazionale ed europeo, ed è legato al bisogno di autonomia. Un tempo c’erano remore culturali nell’andare a vivere da soli, ora c’è solo il vincolo economico. A Manfredonia, pur in una situazione economica debole e sempre bistrattata, c’è vivacità nel settore della ristorazione, ospitalità, cooperazione… Una realtà segnata certamente da contratti precari, lavoro nero… ma c’è. Il lavoro precario spesso spinge a stare in famiglia e non consente un’autonomia abitativa nelle grandi città. Non così nel Sud. Il fatto che le donne siano occupate, in netta maggioranza rispetto agli uomini, in questo settore, può significare qualcosa anche nella ricerca dell’autonomia?

In sofferenza è la famiglia “plurale”. Si afferma la famiglia “singolare”. La famiglia con più componenti si muove nella pluralità delle relazioni (figli, reti familiari, associazioni, parrocchie…). Si concepisce nello spazio sociale e politico. Le famiglie “singolari” si muovono in  una logica di protezione, si tengono al riparo, contengono le relazioni e i rapporti sociali. Nelle famiglie senza figli manca un intero arco di relazioni: scuola e organi collegiali, sanità, problemi educativi, feste. Cambia anche il consumo. Vi è l’esplosione di esercizi commerciali e privati che offrono, nella ristorazione (cibi e vivande monouso) e in altri servizi, soluzioni soddisfacenti. Fare la spesa pensando alla famiglia e ai suoi componenti comporta un consumismo attivo. Nei supermercati, purtroppo si vedono pochi bambini, che perdono un’occasione importante di conoscenza e acquisizione di “competenze” (etichette, costi…). Il declino della famiglia e la denatalità ha portato all’esplosione degli animali da compagnia. Nascono nuovi rapporti: scambi di cortesie, informazioni, amicizie tra coloro che hanno un animale domestico. Sembra che l’abbaiare del cane venga sopportato meglio del pianto e dei capricci dei bambini.

La famiglia, purtroppo, non gode simpatia. Si è tirata in ballo nella pandemia per i contagi familiari (i bambini portatori di virus), la scarsa cooperazione nella didattica a distanza, si è scoperta pure la povertà nelle case di tante famiglie; non sono mancate, però, riflessioni durante il lockdown sulla sua resilienza e creatività.Ma tutte le promesse della pandemia sono andate perdute. Oggi la famiglia è tirato in ballo per le violenze, i femminicidi, infanticidi, adolescenti in fuga. L’immagine della famiglia non è positiva. Se si dovessero raccogliere i titoli dei giornali, della televisione non ci sarebbero elementi per invogliare i giovani a  porla tra le mete possibili di un percorso affettivo e sentimentale. Si parla solo e male di famiglia patriarcale!

Dove stiamo andando? Come cambia il volto della comunità? sono domande ineludibili. Una società “senza famiglia” muta l’economia e la società, la politica della casa, del lavoro… Quali possono essere le politiche, anche locali, per soddisfare i bisogni mutati delle famiglie e promuovere, comunque, la natalità, sanare le distanze esistenziali e generazionali, ripensare l’assistenza agli anziani?

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